giovedì 29 dicembre 2011

Abolire i pubblicisti: cosa succede a non leggere i testi

A bocce ferme facciamo il punto di questo dibattito di fine anno. Intanto potete stare tranquilli: i pubblicisti non saranno aboliti. Per tre semplici ragioni:
  1. Due terzi dei giornalisti iscritti all'ordine sono pubblicisti e quindi più della metà dei soldi che l'Ordine incassa arrivano da loro. Perdere i pubblicisti dal giorno alla notte significherebbe per l'Ordine andare in fallimento.
  2. I pubblicisti hanno la maggioranza nel Consiglio Nazionale dell'Ordine. E' difficile pensare che acceteranno di suicidarsi.
  3. Più importante di tutto: in nessuna legge o regolamento c'è alcuna disposizione che parla di abolire i pubblicisti.


Detto questo raccontiamo questo strano episodio dall'inizio. Il 20 dicembre Franco Abruzzo (ex-presidente del Ordine dei Giornalisti della Lombardia) ha parlato nel suo blog di un comma nascosto nel decreto Salva-Italia che cancellerebbe dall'agosto 2012 l'esistenza dei pubblicisti. La notizia è stata ripresa da molti altri blog e dal Corriere.it senza alcuna verifica.Una specie di ubriacatura generale che ha generato una ingiustificata ondata di panico tra tutti i pubblicisti italiani.

Facciamo il punto per chi non conosce bene la materia: leggete con attenzione perchè questo è proprio il succo della questione. L'Ordine dei Giornalisti è formato dai giornalisti professionisti e dai pubblicisti. Si diventa professionisti dopo aver sostenuto l'esame di stato. Si diventa pubblicisti se si è svolta un'attività giornalistica retribuita per due anni.

Vediamo ora che cosa ha scritto Abruzzo sul suo blog:
Il comma 5 dell’articolo 3 del dl 138/2011 (convertito dalla legge 148/2011) dà per scontato che l’accesso a tutte le professioni intellettuali è vincolato al superamento dell’esame di Stato previsto dall’articolo 33 (V comma) della Costituzione [...] Se è vero che l’accesso alle professioni è vincolato al superamento dell’esame di Stato [...] i pubblicisti scompaiono dalla vita dell’Ordine dopo 83 anni dalla istituzione giuridica di questa figura.
Chi ha ripreso la notizia si è fermato a queste poche righe, ma come minimo è necessario andare a vedere che cosa dice il comma 5 dell'articolo 3 del dl 138/2011. Ecco qui:
 5. Fermo restando l'esame di Stato di cui all'art. 33 comma 5 della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate, gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attivita' risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralita' di offerta che garantisca l'effettiva possibilita' di scelta degli utenti nell'ambito della piu' ampia informazione relativamente ai servizi offerti.
La frase incriminata è quella in grassetto. Abbiamo domandato a Franco Abruzzo se ci fossero altre parti nella normativa che gli hanno fatto supporre che i pubblicisti fossero in pericolo. A quanto pare il pericolo si cela tutto in quelle prime righe. "Fermo restando" è una locuzione che non può introdurre qualcosa di nuovo. Il comma 5 infatti parla di tutt'altro (non nomina nemmeno i pubblicisti) e quel "fermo restando" sta lì a dire che il resto dell'articolo non vuole intaccare il fatto che per esercitare le professioni regolamentate si debba sostenere un esame di stato. Per fare proprio bene i compiti allora siamo andati a vedere anche cosa dice l'articolo 33, comma 5 della Costituzione:
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Leggete con attenzione la frase in grassetto e poi tornate a leggere più in alto, dove vi abbiamo invitato a leggere con attenzione. Sembra che ci sia una contraddizione: la costituzione prescrive che serva un esame di stato per essere ammessi ad un ordine. Nell'ordine dei giornalisti, però, fanno parte i pubblicisti che non hanno mai sostenuto un esame di stato.

E allora i pubblicisti sono anticostituzionali? Proprio per nulla. La legge costitutiva dell'Ordine è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale con la sentenza del 2 aprile 1971. E la Corte ha stabilito che la legge era costituzionale in tutti tranne che un aspetto (che al momento non ci interessa).

Tanto rumore per nulla quindi. La legge non fa altro che richiamare una norma costituzionale (che esiste da molto prima della creazione dell'Ordine). Norma costituzionale che tra l'altro è già stato deciso che non tocca i giornalisti. Insomma, questa è l'ennesima dimostrazione che i giornalisti hanno in nervi a fior di pelle e che anche la più piccola scossa, per quanto aleatoria, minaccia di far franare la baracca.
Il che forse è una buona notizia.

Anche noi, ce ne fosse bisogno, una spintarella siamo sempre pronti a darla.


Nessun commento:

Posta un commento