lunedì 14 novembre 2011

E seguì Report...

Milena Gabanelli s'è sbagliata. Due giorni fa ha proposto con un articolo sul Corriere della Sera una tassa sulle transazioni in contante per uscire dalla crisi. Francesco Lippi le ha risposto con un articolo su NoisefromAmerika in cui spiega, in sostanza, perchè l'idea della Gabanelli è fuori dal mondo.

Da economista che parla a una giornalista ha replicato con garbo. Da giornalista a giornalista noi invece non saremo così cortesi.


Potete leggere lo scambio tra i due dai nostri link, ma per i più pigri ne abbiamo messo un riassuntino in fondo a quest'articolo. 


La verità è che la crisi ci piace a tutti, sopratutto se abbiamo il cuore a sinistra. L'idea che questo cavolo di capitalismo sia finalmente arrivato ai calci di rigore solletica l'istinto anche del più corretto dei giornalisti. E allora viene voglia di prendere la penna e di dire la propria. Anche se, come Gabanelli dice nelle prime righe del suo articolo, economia e finanza non sono il nostro settore.


Tocca poi a quelli come Lippi, che con l'economia e la finanza ci mangiano da una vita, spiegare che le cose non stanno proprio così. Ma in quanti leggono e conoscono Lippi e in quanti leggono e conoscono la Gabanelli?

Forse alla Gabanelli sarebbe bastato fare una telefonata in più, sentire un'altra fonte o cercare più a lungo e si sarebbe accorta da sola che la sua idea era già stata proposta, vagliata e bocciata. Non lo ha fatto e così facendo ha reso un pessimo servizio; aggravato dall'aura sacra di difensore del popolo che giustamente Milena si è meritata. Un'aura che spinge moltissime persone a fidarsi acriticamente di quello che dice.

Non è neanche la prima volta che la squadra di Report esce dal seminato e viola le sue regole (parlare di cose chiare e ben determinate, usare solo documenti e fatti riscontrabili). Lo ha fatto con la puntata "Effetto Valanga" del 30 ottobre dove Michele Buono ha cercato di dimostrare l'onnipotenza di un gruppo sovranazionale di banchieri mondiali che decide le sorti del mondo.

Roba assurda, ai limiti del complottismo sul signoraggio. Roba che però è andata in onda e ha riempito di sciocchezze la testa di milioni di italiani. Roba più degna di Libero che di Report.



Ecco il riassunto del botta e risposta.


L'idea di cui si parla è in sostanza questa: mettere una tassa sui pagamenti in contanti (che i gabbellieri dello stato non possono "tracciare") in modo da incentivare l'utilizzo di assegni, bonifici e carte di credito. Pagare in questo modo l'idraulico, il dentista o il muratore gli renderà molto più difficile evadere le tasse.

Lippi risponde in due punti:

  1. Alcuni economisti hanno già provato a fare delle ricerche sugli effetti di una tassa di questo tipo e hanno calcolato che il cambio di abitudine nelle transazioni (che spingerebbe le persone a perdere tempo per evitare di pagare la tassa) potrebbe costare fino a un punto di Pil (con una tassa sulle transazioni in contanti del 4%);
  2. Ci sono paesi come Germania, Austria, Svezia e Giappone dove il contante viene utilizzato più o meno come in Italia, eppure sono paesi con bassissima evasione fiscale.
Lippi conclude che l'evasione si combatte dando la caccia agli evasori con controlli più efficenti, pene più severe e, aggiungo io, meno tasse. 





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