L’altra notte ho fatto un
sogno. Un grande vecchio del
giornalismo parlava in un aula magna piena di giovani universitari. Il suo
discorso cominciava così :
« Non fate i
giornalisti perchè in questo paese », continuava il vecchio
giornalista : « Ci sono centomila giornalisti che hanno una tessera, da praticante o da professonista, e
altre migliaia che non ne hanno una. Forse 110 mila o 120 mila persone lavorano
in Italia come giornalisti. Nel nostro paese non c’è lavoro per tutta questa gente. Non
illudetevi perchè non c’è alcuna magia che permetta all’industria dei media di
fornire a questi 110 mila giornalisti o aspiranti giornalisti uno stipendio che
gli basti a vivere dignitosamente. Francia, Germania e
Inghilterra sono paesi che hanno meno di 70 mila giornalisti. E sono paesi con
una popolazione più numerosa dove la gente compra molti più giornali.
Non fate i giornalisti
perchè il mercato dell’editoria italiana è asfittico, moribondo, afflitto da
una crisi più grave di quella che colpisce gli altri paesi. Gli editori hanno
sempre meno soldi. Molte testate sono in perdita e sopravvivono solo grazie ai
soldi dello stato. La domanda di nuovi giornalisti diminuisce ogni anno. Ma mi
basta guardare quest’aula piena di gente per capire che invece l’offerta rimane
stabile. Anzi, aumenta.
Non fate i giornalisti,
ragazzi, perchè lottando e faticando magari riuscirete a prendere una tessera
da pubblicista. Se siete molto fortunati forse una da professionista. E poi? E
poi sarete convinti di aver maturato un diritto: “sono un giornalista e mi
spetta di fare il giornalista”. Quando poi il mercato traboccante potrà
offrirvi solo pochi spiccioli per qualche articolo ogni tanto, sbatterete i
piedi in terra gridando: “dov’è il mio diritto ad essere giornalista?”. Non esiste. Non esiste un
diritto a fare i giornalisti come non esiste un diritto a fare qualunque altro
lavoro. Avete diritto a lavorare, ma se come giornalisti non trovate lavoro,
potete fare i badanti, gli infermieri, gli operai. Potete laurearvi in ingengeria anziché
in lettere. Potete fare molte cose, ma di sicuro non potete rivendicare il
diritto a fare i giornalisti.
Ho sentito parlare di
tariffe minime e altre cose del genere. Non contateci. Non sono la soluzione
per voi. Se dovesse passare una norma del genere semplicemente 40-50 mila di
quei cento e più mila posti di lavoro
sparirebbero, le piccole testate online sparirebbero, i piccoli giornali
gratuti sparirebbero. E molte di quelle persone che arrotondavano lo stipendio,
che scrivevano per piacere, o che cercavano semplicemente di rimanere nella
“giostra” del giornalismo, non potrebbero più farlo.
So che non dovrei concludere
con queste parole il mio discorso, perchè renderò inutile tutto quello che vi
ho detto fin’ora. Ma ho fatto il giornalista per tutta la vita, il giornalismo
è la mia vita e non posso non dire che è il mestiere più bello del mondo. Ma
per farlo ci vuole determinazione, talento e fortuna. So che la maggior parte
di voi ora pensa di avere queste qualità, ma non è così. Forse uno su cento
di voi ce la farà, forse nessuno. Ma il fatto che tutti voi ci proverete
ugualmente renderà a tutti quanti la vita più difficile. So che non era questo
quello che volevate sentirvi dire.
Se con le mie parole ho
dissuaso anche uno solo di voi a non intraprendere questo cammino, mi riterrò
soddisfatto. Una persona in meno è poco. Ma è pur sempre un piccolo ostacolo in
meno per l’unico di voi che ce la farà.»
Il Grande Vecchio si alza
in silenzio e la sala si alza con lui. Passa un secondo e cominciamo tutti ad
applaudire fragorosamente. Dentro
di me sono covinto
che il Grande Vecchio stesse parlando proprio a me: sono io quell'unico che ce la farà. Poi un brivido di terrore mi sale lungo la schiena. Mi rendo conto che tutti gli altri in
piedi intorno a me, tutti quelli che sorridenti si spellano le mani per il Grande Vecchio stanno pensando esattamente la stessa cosa.
E allora mi sono svegliato di colpo.
Ho sempre odiato chi faceva questo discorso, così come ho sempre odiato il numero chiuso all'università. Quello che ho capito in questi anni è che tutti hanno diritto a provare a fare questo maledetto mestiere (così come qualunque altro mestiere). Provarci non vuol dire che deve diventare un'ossessione, ma vuol diredarsi una possibilità sapendo che essere bravi non basta e la fortuna gioca un ruolo fondamentale. Io che ho fatto l'Ifg di Urbino qualche anno fa lavoro. Tanti miei compagni (biennio 2004/06) lavorano, qualcuno (molti anche più bravi di me) stanno ancora faticando, prendono poche centinaia di euro e magari un giorno molleranno. In nessun caso ho mai pensato che sarebbe stato meglio fare altro.
RispondiEliminaguido maurino
Hai ragione Guido, infatti io non credo che la risposta per risolvere i problemi della nostra professione sia limitarne (ancora di più) l'accesso.
RispondiEliminaIl punto chiave del tuo commento credo che sia "non deve diventare un'ossessione". Penso che dietro tante delle storie di precariato che ci fanno scandalizzare per qualche minuto ci sia proprio un'ossessione. Provare è un diritto, fare questo lavoro non lo è.